Costituzione di parte civile per l’udienza preliminare e “patteggiamento”. Regolamentazione delle spese.

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Stuido Legale Ahmad

Costituzione di parte civile per l’udienza preliminare e “patteggiamento”. Regolamentazione delle spese.

Sommario. 1. Premessa. – 2. I fatti di causa. – 3. La rimessione alle Sezioni Unite penali. – 4. Il decisum delle Sezioni Unite penali – 5. Conclusioni. 

  1. Premessa.

Le Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 16403/2024,[1] si sono pronunciate -facendo definitiva chiarezza- su un profilo oggetto, sino ad oggi, di discordanti approdi giurisprudenziali, in tema di costituzione di parte civile nel processo penale.

Il Supremo Consesso è stato, invero, chiamato a fornire una motivata risposta all’annoso quesito relativo alla possibilità (o meno), per la persona danneggiata dal reato, di costituirsi parte civile per l’udienza preliminare e di vedere liquidate in proprio favore le spese legali, anche qualora sia a conoscenza -avendolo appreso prima della costituzione in giudizio- dell’esistenza di un “patteggiamento” tra imputato e pubblico ministero.

  1. I fatti di causa.

La questione giuridica definita dal Giudice di Legittimità, nella sua massima assise, muove(va) da un ricorso per cassazione depositato dalla difesa dell’imputato avverso una sentenza resa -ex art. 444 c.p.p.- da un GUP del Tribunale di Salerno, il quale, ammessa la costituzione di parte civile effettuata nel corso dell’udienza preliminare, aveva accolto la richiesta di pena concordata (recante una data antecedente a quella dell’udienza e della ridetta costituzione), contestualmente liquidando le spese del grado in favore della parte civile.

La difesa articolava, contro la pronuncia, tre motivi di gravame.

Lamentava, dapprima, la violazione degli artt. 78, 79, 80, 81 e 444 c.p.p., poiché -a suo dire- la persona danneggiata dal reato sarebbe stata a conoscenza, prima della costituzione in giudizio, del deposito dell’istanza di “patteggiamento”, sicchè non poteva che essere consapevole che il sindacato giudiziale non si sarebbe potuto estendere ai profili risarcitori:[2] secondo la prospettiva della difesa, la persona danneggiata non poteva che essere conscia che “l’oggetto del giudizio sarebbe stato ristretto alla decisione sull’accoglibilità della richiesta di applicazione della pena concordata[3], dal che la carenza d’interesse alla costituzione di parte civile e la conseguente illegittimità della condanna dell’imputato alla rifusione delle spese sostenute dal danneggiato.

Con un secondo motivo di doglianza, la difesa lamentava l’inosservanza e l’erronea applicazione di norme processuali, avendo il GUP liquidato le spese a favore della parte civile, pur in mancanza di un’espressa richiesta sul punto (la parte civile si era limitata al deposito della mera nota spese).

Con un ulteriore motivo di gravame, la difesa deduceva la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento, non avendo il GUP ritenuto che la (asserita) conoscenza dell’accordo sulla pena da parte della persona danneggiata dal reato, antecedentemente alla sua costituzione in giudizio, fosse idonea ad integrare i “giusti motivi” contemplati dall’art. 444, comma 2, c.p.p. ai fini del riconoscimento della compensazione delle spese.

  1. La rimessione alle Sezioni Unite penali.

Con ordinanza del 15 giugno 2023, la Sezione Sesta, assegnataria del procedimento, rimetteva il ricorso alle Sezioni Unite, in ragione dell’esistenza di un annoso contrasto giurisprudenziale in tema di costituzione di parte civile per l’udienza preliminare (qualora pre-esista un accordo sulla pena) e di regolamentazione delle relative spese, espresso da un triplice ordine di orientamenti.

Secondo un primo indirizzo, la costituzione di parte civile sarebbe ammissibile tanto allorchè il danneggiato dal reato non sia a conoscenza dell’esistenza di un accordo sulla pena, quanto allorchè ne sia a conoscenza, con effetti, tuttavia, opposti nelle due ipotesi: solo nel primo caso la parte civile avrebbe diritto alla liquidazione delle spese e non, invece, nel secondo, essendosi, in quest’ultimo, costituita in giudizio nonostante la consapevolezza di una scelta processuale già operata dall’imputato (l’accordo sulla pena) idonea a precludere –ex lege-[4] qualsivoglia sindacato sui profili risarcitori.

Secondo un ulteriore indirizzo giurisprudenziale, all’udienza preliminare (e, in termini più ampi, alle udienze che, come quest’ultima e diversamente da quella di cui all’art. 447 c.p.p., non siano destinate esclusivamente alla decisione sull’applicazione della pena), il danneggiato, allorchè non sia a conoscenza dell’esistenza di un accordo sulla pena, avrebbe diritto sia a costituirsi parte civile che alla liquidazione delle spese (in parte qua codesto orientamento non differisce da quello tratteggiato supra), mentre, qualora egli sia edotto dell’esistenza di un accordo sulla pena, si vedrebbe preclusa non solo la possibilità di ottenere la liquidazione delle spese, ma, a monte, la stessa facoltà di costituirsi parte civile (invero, la consapevolezza dell’accordo lo porrebbe “nella condizione di rendersi conto che la costituzione è insuscettibile di trovare sbocco nella condanna dell’imputato al risarcimento del danno”).[5]

Secondo un ultimo orientamento (cui dichiarano di aderire -lo si accenna sin da subito- le Sezioni Unite, come infra meglio illustrato), al danneggiato non sarebbe mai preclusa la possibilità di costituirsi parte civile per l’udienza preliminare (tanto allorchè gli sia ignota l’esistenza di un accordo sulla pena, quanto allorchè essa gli sia nota), potendo l’udienza preliminare, diversamente da quella ex art. 447 comma 1 c.p.p., avere epiloghi (contemplati dal codice) ben diversi dal mero accoglimento o rigetto dell’istanza di “patteggiamento”. Ne deriva, come corollario, che il giudice possa legittimamente liquidare le spese in favore della parte civile.

Così compendiati gli approdi giurisprudenziali sul tema, le Sezioni Unite penali venivano invitate da quella rimettente a fornire una risposta al seguente quesito di diritto: “Se, in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, nel caso di accordo perfezionatosi prima della costituzione di parte civile, quest’ultima sia legittimata a costituirsi per l’udienza preliminare e, in caso affermativo, se il giudice che delibera la sentenza di patteggiamento debba liquidare le spese di costituzione a suo favore”.

  1. Il decisum delle Sezioni Unite penali.

Il Supremo Consesso, nel contesto  della sua articolata riflessione, della quale si ritiene opportuno tratteggiare i passaggi argomentativi maggiormente significativi, ha dapprima premesso come il principio della preclusione della costituzione di parte civile allorchè pre-esista una richiesta di “patteggiamento” e quello -connesso- dell’illegittimità della condanna dell’imputato al pagamento delle spese sostenute dal danneggiato siano stati enunciati, in precedenza, dalle Sezioni Unite (sentenza c.d. “D’Avino”, emessa nel 2008), con “specifico riguardo al caso in cui la costituzione sia stata depositata all’udienza all’uopo fissata a seguito della richiesta di applicazione della pena presentata nel corso delle indagini preliminari, ai sensi dell’art. 447 cod. proc. pen”.[6]

Tali principi preclusivi -proseguono le Sezioni Unite- sono stati ritenuti, altresì, operanti in altre situazioni processuali, “come l’udienza fissata per l’applicazione della pena richiesta con l’opposizione a decreto penale di condanna o a seguito della richiesta di giudizio immediato”,[7] le quali -puntualizzano- risultano accomunate (all’ipotesi di cui all’art. 447 c.p.p.) dalla medesima ratio, poichè in ciascuno dei casi menzionati “la persona danneggiata dal reato si costituisce essendo già a conoscenza del fatto che l’oggetto del giudizio è ristretto alla decisione sull’accoglibilità della richiesta di applicazione della pena e, quindi, ben sapendo che non potrà aspirare all’obiettivo cui è tesa la costituzione, vale a dire la condanna dell’imputato al risarcimento del danno”.[8]

Ciò premesso, le Sezioni Unite rappresentano come non possano essere condivisi quegli approdi giurisprudenziali (che meritano, anzi, censura) i quali traspongono erroneamente i principi preclusivi espressi nella sentenza D’Avino (focalizzata, come visto, sull’udienza ex art. 447 c.p.p.) alla ben diversa udienza preliminare, non destinata “geneticamente”, diversamente da quella ex art. 447 c.p.p., al rito alternativo del “patteggiamento” e costituente, al contrario, una fase valutativa dai contorni ben più ampi.

Invero, “non è possibile paragonare un’udienza senza formalità, a possibile assenza di contraddittorio, oltre che finalizzata esclusivamente alla ratifica dell’accordo sanzionatorio… (come quella fissata ex art. 447 cod. proc. pen…), all’udienza preliminare, dove, al contrario, si realizza un effettivo momento di giudizio, disciplinato da una precisa scansione procedurale che coinvolge tutte le parti e pone la verifica della regolare costituzione delle stesse come primo compito del giudice”.[9]

A ben vedere, in effetti, nell’udienza di cui all’art. 447 c.p.p., destinata -si ripete- esclusivamente al “patteggiamento”, “il pubblico ministero e i difensori sono sentiti (solo) se compaiono”; in vista di essa, inoltre, a differenza di quanto prescritto per l’udienza preliminare, non è imposto alcun avviso alla persona offesa.

Al contrario, con riferimento all’udienza preliminare, non solo è normativamente imposto l’avviso anche alla persona offesa, ma la disciplina legislativa individua “gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti” (art. 420 c.p.p.) come primo e necessario momento processuale, certamente non differibile con riguardo alla sola parte civile, come invece sostenuto da alcune minoritarie correnti giurisprudenziali, secondo le quali, ove esista una richiesta di pena concordata, la valutazione giudiziale sulla legittimazione alla costituzione di parte civile dovrebbe essere posposta all’eventuale rigetto della richiesta del rito alternativo.

Del resto, anche l’art. 79 c.p.p. esclude la possibilità, per la parte civile, di costituirsi successivamente, disponendo, anzi, in maniera cristallina, che la costituzione di parte civile possa (e debba) avvenire “prima che siano ultimati gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti”, mai dopo.

Con un passaggio particolarmente significativo della pronuncia (probabilmente il più pregnante), le Sezioni Unite hanno, poi, affermato come neppure un’astratta previsione dell’accoglimento della richiesta di “patteggiamento” possa rendere “inutile” la costituzione di parte civile (come sostenuto da quegli orientamenti giurisprudenziali che, trasponendo erroneamente i principi espressi nella sentenza “D’Avino” al caso dell’udienza preliminare, ritengono che il danneggiato che si costituisca nella consapevolezza dell’esistenza di un accordo sulla pena lo faccia sapendo di non poter aspirare ad alcuna pronuncia risarcitoria, dal che la preclusione alla costituzione in giudizio).

Sul punto, recita condivisibilmente il Supremo Consesso che “l’interesse all’esercizio dell’azione civile nel processo penale è attuale fino al momento dell’eventuale ratifica dell’accordo sulla pena da parte del giudiceQuesto accordo potrebbe essere vanificato da un rigetto della richiesta da parte del giudice ed implicare necessariamente la prosecuzione dell’udienza preliminare o la celebrazione di altro rito alternativo: situazione che, in ogni caso, non consentirebbero di ritornare alla fase, già perenta, degli accertamenti relativi alla costituzione delle parti”[10].

Oltretutto, risulta significativo, da un punto di vista “sistemico”, come le norme che disciplinano l’udienza preliminare, la costituzione di parte civile ed il “patteggiamento” non valorizzino (per la verità neppure menzionano) la conoscenza (o la più “fumosa” conoscibilità) dell’esistenza di un accordo sulla pena, che è, pertanto, normativamente “neutra” e inidonea a precludere al danneggiato la costituzione in giudizio: “nessuna norma prevede… un obbligo di notiziare la persona offesa… del conseguito accordo negoziale tra imputato e pubblico ministero”, nè “tanto meno la legge prevede di onerare il danneggiato di informarsi sulla possibile esistenza di un tale accordo, pena la sua esclusione dal processo”.[11]

Deriva da quanto precede che un’eventuale “elevazione” arbitraria della conoscenza (o conoscibilità) dell’accordo ad elemento preclusivo della costituzione di parte civile equivarrebbe ad introdurre nell’ordinamento un’ipotesi di “decadenza dalla facoltà di costituirsi parte civile non prevista dal legislatore[12].

Né, su altro profilo, potrebbe mai fondatamente sostenersi che la parte civile, ove l’accordo sulla pena sia stato depositato prima dell’udienza preliminare, abbia diritto a costituirsi, ma non ad ottenere la rifusione delle spese, ponendosi siffatta conclusione in insanabile contrasto con la lettera dell’art. 444 c.p.p., il quale, pur disponendo che nel caso di formulazione di una richiesta di pena concordata il giudice non possa decidere sulla domanda risarcitoria, prosegue in maniera inequivoca che  “l’imputato è tuttavia condannato al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile”.

Le Sezioni Unite, pertanto, alla luce di quanto precede, hanno enunciato il seguente principio di diritto: “In tema di patteggiamento, il danneggiato è legittimato a costituirsi parte civile in udienza preliminare anche laddove l’imputato abbia precedentemente depositato in cancelleria la richiesta di applicazione della pena munita del consenso del pubblico ministero, sì che il giudice deve provvedere anche sulla regolamentazione delle relative spese di costituzione”.

In disparte dall’enunciato principio, pare, conclusivamente, opportuno evidenziare come la pronuncia in esame risulti meritevole di menzione per due ulteriori delucidazioni, fornite in sede di esame dei successivi motivi di gravame formulati dalla difesa.

Le Sezioni Unite, invero, hanno puntualizzato come, sebbene ai fini della liquidazione delle spese in favore della parte civile sia necessaria un’apposita richiesta (non potendo l’A.G. procedervi d’ufficio), non sia comunque prescritto il ricorso a formule “sacramentali”, essendo all’uopo sufficiente anche il deposito della nota spese o, financo, la richiesta di applicazione dei valori medi dei parametri ministeriali o, ancora, il richiamo a criteri di equità (un eccessivo formalismo non valorizzerebbe la circostanza che “nell’udienza che viene definita con il patteggiamento… la parte civile… spesso sconta gli inconvenienti derivanti dalla necessità di allestire in udienza la nota stessa, nell’immediatezza dell’estemporaneo accordo tra accusa e difesa”)[13].

Sotto altro profilo, la pronuncia in esame ha avuto modo di chiarire, con riferimento al tema della compensazione delle spese in ipotesi di “patteggiamento”, come essa, per quanto normativamente prevista (a norma dell’art. 444 comma 2 c.p.p. “l’imputato è… condannato al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile, salvo che sussistano giusti motivi per la compensazione totale o parziale”), costituisca, tuttavia, una “mera eventualità”,[14] operando il principio (civilistico) della “domanda”, sicchè l’imputato, ove interessato, dovrà formulare un’espressa richiesta di compensazione, in mancanza della quale il giudice potrà legittimamente escluderla, senza dover neppure motivare tale esclusione.

  1. Conclusioni.

La pronuncia giurisprudenziale in esame risulta indubbiamente condivisibile, poichè, da un lato, pienamente in linea –già in termini “testuali”- con la normativa vigente (che non esclude affatto la possibilità, per la persona danneggiata dal reato, di costituirsi parte civile per l’udienza preliminare, anche allorchè sia edotta dell’esistenza di una richiesta di “patteggiamento”, prevedendo, anzi, espressamente anche il ristoro delle spese sostenute) e poiché, dall’altro, ben collocata nel “sistema”, conservando, rispetto ad esso, piena coerenza, laddove giunge a conclusioni opposte rispetto a quelle espresse riguardo a situazioni processuali  diverse (in primis, si pensi all’udienza ex art. 447 c.p.p.), “geneticamente” destinate alla richiesta di “patteggiamento”, con riferimento alle quali soltanto risulta, pertanto, giustificata la preclusione alla costituzione di parte civile (e alla liquidazione delle relative spese).

Avvocato Fondatore

Jacopo Antonio Ahmad

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[1] Sent. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 16403/2024, resa il 30.11.2023, motivazioni depositate il 19.04.2024.

[2] A norma dell’art. 444 comma 2 c.p.p., nel caso di formulazione di una richiesta di pena concordata, “se vi è costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla relativa domanda”.

[3] Pag. 2 sent. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 16403/2024.

[4] Cfr. precedente nota n. 2.

[5] Pag. 4 sent. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 16403/2024.

[6] Pag. 10 sent. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 16403/2024 che richiama sent. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 47803 del 27/11/2008, D’Avino, Rv. 241356-01.

[7] Pag. 10 sent. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 16403/2024 che, richiama, in parte qua, il contenuto della sent. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 47803 del 27/11/2008, D’Avino, Rv. 241356-01, annoverando anche le successive sent. Sez. 3 n. 14008 del 14/12/2017, dep. 2018, B., Rv. 273156-01 e Sez. 6, n. 22512 del 24/05/2011, T., Rv. 250503-01.

[8] Pag. 10 sent. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 16403/2024.

[9] Pag. 18 sent. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 16403/2024.

[10] Pag. 21 sent. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 16403/2024.

[11] Pag. 21 sent. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 16403/2024.

[12] Pag. 18 sent. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 16403/2024.

[13] Pag. 25 sent. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 16403/2024.

[14] Pag. 26 sent. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 16403/2024.

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